L’ambiente come alleato
C’è una quiete particolare in certe case norvegesi. La luce è soffusa, i colori chiari e caldi, lo stile essenziale ma accogliente. Il legno — a volte vissuto, a volte minimale — dialoga con linee pulite e spazi ariosi.
Fuori il vento può soffiare forte, ma dentro si respira calma.
Qui ho imparato quanto l’ambiente influisca sul sistema nervoso, e come uno spazio possa diventare un alleato silenzioso della nostra centratura, soprattutto quando abbiamo la responsabilità di guidare.
Nel lavoro, come nella natura, ci sono spazi che agitano e spazi che radicano.
Ogni spazio ci modella: influisce sulle emozioni, sul respiro, persino sul modo in cui esercitiamo la leadership. Imparare a leggere e a curare ciò che ci circonda è già un atto di presenza.
Intrecci tra neuroscienze e pensiero sistemico | Il potere degli spazi
C’è qualcosa di sottile e potente negli ambienti che abitiamo. Basta entrare in una stanza ordinata e luminosa perché il respiro si allarghi, o al contrario, ritrovarsi in uno spazio caotico e rumoroso perché il corpo si contragga senza che ce ne rendiamo conto. È il sistema nervoso che risponde: non solo agli stimoli evidenti, ma a micro-segnali che da sempre ci aiutano a distinguere tra sicurezza e minaccia.
La teoria della co-regolazione (Porges, 2011) ci ricorda che la percezione di calma non nasce soltanto dal contatto umano, ma anche da ciò che ci circonda. Una luce calda che accarezza una parete, un suono morbido che si diffonde, la consistenza di un materiale vivo: sono messaggi che parlano direttamente al corpo, invitandolo ad aprirsi o a chiudersi, senza bisogno di parole.
Il tatto è forse il canale più dimenticato, eppure basta appoggiare la mano su legno grezzo, lino naturale o ceramica opaca perché qualcosa dentro si distenda. Sono memorie corporee che riemergono, legate alla terra, alla cura, al lavoro delle mani. In quei momenti il battito rallenta, la mente si fa più lucida, la presenza più piena. Al contrario, superfici fredde e artificiali irrigidiscono silenziosamente, creando distanza anche da sé stessi.
Il colore, a sua volta, possiede una grammatica antica. Come sottolineano Falcinelli e Sternberg, non è solo ornamento ma stimolo che influenza l’umore, l’attenzione, il senso di radicamento. Toni neutri e terrosi offrono stabilità, i verdi richiamano fiducia e orientamento, i blu pacati aprono spazi di ascolto interiore. Colori troppo accesi o artificiali, invece, sollecitano il sistema simpatico, mantenendoci in micro-allerta.
In prospettiva sistemica, questo dialogo tra corpo e ambiente è un invito: non siamo mai separati dallo spazio che abitiamo, ma parte di un intreccio che ci modella continuamente. Ogni dettaglio — la trama di un tessuto, il ritmo di un suono, la luce che filtra da una finestra — diventa parte del nostro campo vitale. Lo spazio non è uno sfondo, ma un complice silenzioso: può nutrire equilibrio, radicamento e chiarezza, sostenendoci con una gentilezza che si percepisce prima ancora di saperla spiegare.
Coaching | Intelligenza ambientale e presenza
Nel coaching, esplorare l’ambiente in cui viviamo e lavoriamo apre a una riflessione più ampia sulla presenza.
Come ci sostiene il nostro spazio? Ci protegge o ci espone? Ci stimola o ci drena?
Paolo Borzacchiello, nel suo lavoro sulla neurosemantica degli ambienti, ricorda che ogni spazio comunica e incide sul nostro stato interno. Una leadership consapevole parte anche da qui: scegliere con cura ciò che ci circonda per rafforzare quello che vogliamo trasmettere.
Uno spazio può diventare un co-coach silenzioso: ci aiuta a restare centrati in riunione, a regolare lo stress, a pensare in modo più lucido. Non serve rivoluzionare tutto: basta cominciare da un angolo, un oggetto, una fonte di luce.
Esercizio | Il tuo spazio radicante
Durata: 15/20 minuti
Occorrente: carta, penna, possibilmente uno spazio calmo
Come fare:
1. Chiudi gli occhi e immagina uno spazio in cui ti senti calmo, radicato, lucido. Può essere reale o immaginario. Cosa vedi, senti, tocchi?
2. Apri gli occhi e scrivi tre parole che descrivono la qualità di quello spazio.
3. Ora osserva lo spazio in cui lavori o passi più tempo: cosa ritrovi di quelle qualità? Cosa manca?
4. Scegli un piccolo cambiamento che puoi fare già da oggi (es. spostare la scrivania verso la luce, aggiungere una pianta, ridurre il disordine visivo).
5. Dedica un gesto quotidiano a nutrire questo spazio come fosse un alleato: sistemare, accendere una candela, aprire una finestra.
Perchè funziona?
Creare uno spazio che calma aiuta il sistema nervoso a uscire dall’allerta. La coerenza tra ambiente e intenzione favorisce stati mentali più centrati. Prendersi cura dello spazio diventa un allenamento gentile per ricordarci che possiamo influenzare il nostro stato interiore.
In pratica | Tre domande per te
* Il mio spazio parla di me o parla di altri?
* Cosa potrei togliere, aggiungere o modificare per sentirmi più radicato mentre lavoro?
* Che ruolo voglio che il mio ambiente abbia nelle mie giornate?
Fonti di riferimento
- Ulrich, R. S. (1984). View through a window may influence recovery from surgery. Science
- Kaplan, R. & Kaplan, S. (1989). The Experience of Nature: A Psychological Perspective
- Porges, S. W. (2011). The Polyvagal Theory: Neurophysiological foundations of emotions, attachment, communication, self-regulation
- Borzacchiello, P. (2020). Il codice segreto del linguaggio non verbale. ROI Edizioni
- Le evidenze scientifiche ci ricordano che l’ambiente in cui viviamo e lavoriamo influisce sul nostro benessere e sulla nostra leadership: quando impariamo a sentire lo spazio, ad ascoltare il corpo e a muoverci con intenzione, ogni ambiente respira con noi, diventando un complice silenzioso che sostiene la nostra presenza, calma i pensieri e nutre la crescita interiore.

